LA CRISI: RAMPINI CI INDICA I COLPEVOLI

di Marco Muratore e Roberto Tirapelle

Raccontare il mondo attraverso le storie delle persone. Per raccontare la realtà rendendola ancora più reale.

Questo il modo di scrivere di Federico Rampini, stile che caratterizza i suoi lavori, vuoi che intenda farci comprendere l’economia dei paesi emergenti (L’impero di Cindia, 2007) oppure per illustrarci “un manifesto generazionale per non rinunciare al futuro” (Voi avete gli orologi, noi abbiamo il tempo, 2012).

Ma le storie di questo ultimo lavoro sono storie che noi bancari abbiamo vissuto sulla nostra pelle. “Banchieri – Storie dal nuovo banditismo globale”, è un libro di denuncia. Individua i colpevoli e ne prova le responsabilità. Addossa finalmente (e in questo periodo quanto abbiamo bisogno di dirlo e di sentircelo dire) la colpa della “crisi” a chi l’ha determinata. Ci ricorda quanto queste stesse persone siano tuttora impunite, non solo nel nostro Paese ma anche in quell’America dove farla sempre franca sembra meno semplice. Anche lì le risorse usate per “salvare il sistema” sono state sottratte alle gente. Rampini ci indica la via per uscirne: la resilienza.

 

In esclusiva per Fabiverona.it un’intervista all’autore

 

1 – Nel suo ultimo importante libro mi sembra che non traspaia solo l’indignazione per quello che i Banchieri italiani, e non solo, hanno fatto con gli aiuti della BCE e per come hanno negato alle Imprese le risorse per investire, ma ci sia il presagio di una ulteriore detonazione a breve. Come se la immagina?

 

Nei giorni scorsi diversi indici di Borsa in America hanno segnato dei record storici assoluti.

Al primo posto tra i fattori che spiegano questa euforìa, c’è il ruolo della Federal Reserve, quindi ancora una volta I banchieri (quelli centrali, in questo caso). La nuova banchiera centrale degli Stati Uniti, Janet Yellen, parlando al Senato è stata chiara: quando lei prenderà il posto di Ben Bernanke (a gennaio) la sua priorità resterà la lotta alla disoccupazione. Considerata perfino più “colomba” dell’attuale presidente la Yellen vorrà vedere una crescita irrobustita al punto da far scendere il tasso di disoccupazione dall’attuale 7,3% fino al 6% o anche al 5,5%. Perciò continueranno per un bel po’ – secondo le previsioni dei mercati – i massicci acquisti di bond sul mercato aperto, con cui la Fed pompa liquidità. Questo è un carburante decisivo per i rialzi delle Borse: tutta quella liquidità va investita da qualche parte, e i bond rendono pochissimo. I tassi d’interesse Usa resteranno inchiodati a quota zero almeno fino al 2015: c’è di che sostenere la corsa del Toro ancora per qualche tempo. Tanto più che la nuova preoccupazione delle banche centrali si chiama deflazione. Con un rincaro dei prezzi quasi impercettibile (0,9% in America e 0,7% in Europa) i banchieri centrali sentono la necessità di “fabbricare” inflazione con ulteriori iniezioni di liquidità e tassi d’interesse ai minimi secolari.

Altri aspetti inducono allo scetticismo sulla qualità di questa ripresa, “a due velocità”. Lo confermano i risultati recenti di due colossi della grande distribuzione: deludenti quelli di Wal-Mart, gli ipermercati discount dove fa la spesa l’America del ceto medio, il cui potere d’acquisto rimane stagnante; mentre va assai maglio Macy’s, la catena dei grandi magazzini di gamma più elevata. E’ lo specchio di un’economia dove “l’un per cento” è tornato a spiccare il volo, ma la maggioranza della popolazione non ha superato le ristrettezze dell’ultima crisi. Poi ci sono gli aspetti speculativi: dai superattici di Manhattan che sfondano la soglia storica dei 100 milioni (per appartamento), al proliferare di nuove società della Silicon Valley che attraggono quotazioni stratosferiche senza aver mai realizzato un centesimo di utile. Tutto questo può preludere a un nuovo crac di Wall Street. Ma io non faccio previsioni sulle Borse, non è il mio mestiere. Quello che mi preoccupa, lo sottolineo nel libro, è che stiamo ripartendo da una crescita malata, squilibrata, ingiusta, e quindi insostenibile, come quella pre-2007.

 

2 – Il secondo punto fondamentale del libro è quello del metodo. I riferimenti alla velocità di collocare i prodotti, al high frequency trading, dove contano anche i millescondi, la nuova contrattazione, storie di vita dentro il banditismo. Le chiedo, per le famiglie, per chi lavora, qual’è la sua via d’uscita? Se n’è costruita una?

 

 

Cerco di indicare una via d’uscita nell’ultimo capitolo del mio libro, che dedico alla “resilienza”: è una nuova qualità che dobbiamo costruire nelle nostre economie, ma anche nelle nostre vite personali. E’ la capacità di rimbalzare, di risollevarsi: dopo una depressione psicologica, o dopo una crisi economica. Per gli individui come per le società, la resilienza si costruisce se si punta sui valori veri, duraturi, che creano coesione, solidarietà. Come l’istruzione, la cultura, l’apprendimento permanente, il consumo equo e sostenibile, la Green Economy.



Federico Rampini è corrispondente della “Repubblica” da New York. E’ stato editorialista, inviato e corrispondente a Parigi, Bruxelles, San Francisco e Pechino. Ha insegnato alle università di Berkeley e Shanghai e al Master della Bocconi. Ha pubblicato numerosi saggi, il cui elenco completo è consultabile su
http://it.wikipedia.org/wiki/Federico_Rampini#Opere

“Banchieri, Storie del nuovo banditismo globale”, è pubblicato da Mondadori.